I rifiuti in natura

Non mi piace camminare in mezzo ai rifiuti, in qualsiasi luogo io sia, ancora di più se mi trovo in un ambiente naturale. Ma i nostri oggetti non arrivano in cima ad una montagna da soli e spariscono molto lentamente se non gli diamo noi una mano!

Ci sono materiali e materiali

Non tutti i materiali inquinano alla stessa maniera ed ognuno ha i propri tempi di degradazione: i danni che potenzialmente si possono creare sono differenti.

Il vetro impiega migliaia di anni a tornare sabbia, ma essendo inerte non rilascia pericolosi inquinanti. Il rischio potrebbe eventualmente essere per gli escursionisti che rischiano di tagliarsi, per non parlare della percezione di sporcizia che creano nell’ambiente.

La plastica invece con il passare degli anni si frantuma in pezzi sempre più piccoli (micro e nano plastiche) che vengono facilmente trasportati dalle acque e dal vento, con il risultato che oggi non abbiamo nessun ambiente che ne sia privo, per quanto lontano dalla “civiltà”. Questi frammenti, oltre a rilasciare sostanze tossiche, vengono ingeriti o inalati dagli animali - uomo compreso - entrando nella catena alimentare.
Anche guardando l’equipaggiamento di un’escursionista possiamo riscontrare che la maggior parte degli oggetti è in plastica: dai vestiti sintetici - utili per le loro caratteristiche tecniche - agli zaini, dai contenitori del cibo alle nuove mappe dei sentieri.
Ci sono alternative a questi materiali?

Prima di rispondere, segnalo un interessante progetto su questo tema: A⅃ꟼ-Stop the ALPs becoming Plastic Mountains che ha visto coinvolti, tra i tanti altri, anche i miei amici del rifugio Les Montagnards.

Gli imballaggi di latta o materiali metallici impiegano centinaia di anni prima di dissolversi completamente, rilasciando comunque sostanze inquinanti intorno a sé. La carne e pesce in scatola, con tutte le moderne e gustose varianti, è una grande comodità per l’escursionista per la facilità di conservazione, di trasporto e di consumo. I vantaggi sembravano così grandi che in passato, negli ambienti escursionistici ed alpinistici, ne veniva incentivato l’utilizzo e, mancando una coscienza ambientale, veniva suggerito l’abbandono in quota delle scatolette, magari con l’accortezza di metterle sotto una pietra. Il risultato è che oggi sulle Alpi non ci sono mete panoramiche che non ne siano prive. Quello che colpisce al primo incontro è la sensazione di degrado e sporcizia che si scontra con le bellezze della natura circostante. In qualche caso queste scatolette interagiscono in maniera negativa con gli animali selvatici, come è successo ad uno stambecco sulle Dolomiti nel 2022.

In alcuni luoghi più appartati spuntano poi decine di ammassi bianchi che altro non sono che fazzoletti sporchi. Se da un lato le fibre di cellulosa sono biodegradabili, dall'altro rimane comunque il problema degli additivi chimici (necessari per avere un buon prodotto) che inquinano, anche se solo limitatamente, il terreno.
Negli ultimi anni si sono affermate le salviette umidificate che invece sono tutto un altro paio di maniche: la parte liquida, composta oltre al 90-95% di acqua, contiene principi attivi e antimuffa, mentre la parte solida è solitamente prodotta per almeno il 50% con fibre sintetiche (cioè plastica). Come detto all’inizio ci sono materiali peggiori di altri da abbandonare in natura!

Navigando in rete ho trovato questo interessante approfondimento.

L’ultima questione su cui voglio ragionare  è quella degli scarti di cibo. Mi capita spesso di arrivare alle mete più gettonate camminando su bucce e gusci di frutta e uova: non è inquinamento, ma sicuramente non è un bel vedere. Ci sono alcuni frutti esotici le cui bucce hanno un tempo di degradazione relativamente lungo ed il loro accumulo nella bella stagione è assicurato, mentre durante l’inverno si conservano abbastanza bene. Oltre a questo, il nostro cibo può essere fonte di attrazione per gli animali selvatici che, secondo me, non dovrebbero abituarsi al nostro cibo!

Qualche soluzione?

Chi frequenta i sentieri da più tempo sa che non bisogna lasciare nulla se non le proprie impronte nei luoghi che si visitano: con questa regola potrei già concludere questo capitoletto!

Io nello zaino ho sempre con me un paio di sacchetti di plastica (meglio se robusti) e dei guanti in lattice (nel caso debba raccogliere qualcosa di disgustoso) in cui infilo tutta la mia spazzatura e quasi sempre anche quella che incontro durante il cammino. Una volta rientrato, se possibile, provvedo a differenziare ciò che ho raccolto. Spesso porto con me il rotolino dei sacchettini venduti per le deiezioni dei cani che sono utili per portare via anche i fazzolettini usati per pulirmi le mie parti intime.

Visto che il problema della plastica si potrà risolvere anche se ridurremo il suo impiego, la maggior parte delle volte io cerco di mettere il mio cibo in contenitori da cucina riutilizzabili (a questo scopo la plastica durevole può essere utile!). In altri casi invece dei fogli di alluminio o di pellicola uso biomateriali riutilizzabili, anche se - bisogna ammetterlo - hanno alcuni limiti.

Chiudo con il simpatico messaggio di un cartello incontrato nei boschi di Cantalupa (TO): “Le bestie rispettano i boschi e la natura, gli uomini no! Nei boschi comportati come le bestie”!

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